45° edizione del Meeting per l’amicizia tra i popoli – Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?
Intervento di Fabio Panetta
Governatore della Banca d’Italia
Rimini, 21 agosto 2024
Buongiorno a tutte e tutti. È un piacere essere qui a Rimini, a questa importante occasione di incontro. Desidero ringraziare il Presidente Scholz per l’invito e i partecipanti per la calorosa accoglienza.
Ringrazio in particolare il professor Vittadini per la sua introduzione, che ha sottolineato i nodi da sciogliere per conseguire una crescita economica allo stesso tempo robusta, equilibrata e sostenibile.
Il tema di quest’anno, la ricerca dell’essenziale, è fondamentale ma trascurato nella frenesia delle attività di ogni giorno. L’essenziale rappresenta ciò che rimane quando il superfluo viene eliminato; è il nucleo di valori e obiettivi che dà direzione e significato alle nostre azioni. Eppure, distratti dall’immediato e dal contingente, perdiamo spesso di vista ciò che davvero conta.
Il Meeting, con la sua partecipazione giovane e vibrante, offre un’opportunità unica per riflettere su cosa sia davvero importante nelle nostre vite e nella nostra società. La mia riflessione odierna sarà sui temi economici, quelli a me più consoni. Lungi da me pensare che l’aspetto economico sia quello che definisce l’essenza della vita umana.
Ne costituisce una parte importante, per la funzione centrale che il lavoro e le scelte economiche hanno per le nostre vite: non solo perché condizionano la nostra capacità di vivere una vita piena, ma perché contribuiscono a definire la nostra identità di membri di una comunità.
Nel mio intervento analizzerò uno dei temi fondamentali per il nostro futuro economico: l’integrazione europea. Cosa rappresenta davvero l’Unione europea? Quali sono le sue motivazioni profonde? E come contribuisce alla prosperità, al bene comune, alla convivenza pacifica – in definitiva, a ciò che è essenziale? (CONTINUA)
… La motivazione alla base dell’integrazione europea è ben riassunta nella celebre
dichiarazione di Robert Schuman del 9 maggio del 1950: «L’Europa non è stata fatta e
abbiamo avuto la guerra». La soluzione che egli proponeva era un’unificazione economica,
che rendesse la guerra «non solo impensabile, ma materialmente impossibile».
Questa visione ambiziosa e lungimirante portò, nel 1951, alla creazione della Comunità
europea del carbone e dell’acciaio, ispirata da personalità illustri come lo stesso Schuman,
Jean Monnet, Alcide De Gasperi e Konrad Adenauer. Successivamente, con il Trattato
di Roma del 1957, si compì un passo ulteriore verso la creazione di un mercato comune,
di un’unione doganale e di strumenti volti a ridurre le disparità regionali. …
… Le risposte alle crisi più recenti – innescate dalla pandemia e dallo shock energetico –
hanno invece segnato un progresso nell’impostazione delle politiche comuni. Sono
stati effettuati interventi di bilancio significativi a livello europeo – in particolare con il
programma Next Generation EU (NGEU) – per sostenere l’attività economica, rafforzando
così gli effetti della politica monetaria. Gli aiuti al settore privato sono stati affiancati da
misure volte a innalzare la crescita potenziale.
I governi europei hanno ora il compito di non disperdere questo slancio e di proseguire
lungo il percorso comune. Parafrasando Jacques Delors, un’altra figura di spicco
dell’europeismo, occorre affiancare al pompiere che spegne gli incendi un architetto che
progetti i palazzi, per costruire un’Europa forte e unita. …
… Il progetto europeo si trova ora di fronte a sfide sia interne sia esterne che ne mettono
alla prova la solidità e la coesione.
L’indebolimento della crescita economica, la transizione dall’industria ai servizi e la connessa maggiore frammentazione del tessuto sociale, le difficoltà di integrazione di una popolazione immigrata sempre più numerosa, i divari di sviluppo tra diverse aree del continente, ampliati dalla crisi dei debiti sovrani, hanno eroso la fiducia nel progetto europeo. Sono emerse spinte nazionalistiche e il processo di integrazione ha rallentato.
La risposta comune alla pandemia ha solo attenuato questa tendenza. …
… Le autorità europee hanno ora il difficile compito di garantire prosperità ai cittadini in un
mondo meno stabile e meno aperto. Questo obiettivo richiede progressi in più direzioni.
Anzitutto, è fondamentale proseguire il cammino di integrazione.
Un banco di prova per la nuova legislatura europea sarà la capacità di confermare il ricorso a progetti di spesa comuni e di avanzare verso un’unione più completa e più integrata sul piano sia finanziario sia fiscale.
Poiché il programma NGEU terminerà nel 2026, un orizzonte non lontano, è necessario avviare una riflessione sui prossimi passi. Il disegno e la portata dei programmi futuri dipenderanno in larga parte dal successo di quelli in corso, in particolare dalla capacità dei singoli paesi di utilizzare proficuamente i fondi messi a disposizione dai rispettivi piani di ripresa e resilienza.
In secondo luogo, è indispensabile rilanciare la crescita, non solo per garantire il benessere
dei cittadini, ma anche per continuare a contare nel mondo. Vent’anni fa sia la UE sia gli
Stati Uniti producevano un quarto del reddito mondiale; da allora il peso della UE è sceso
al 18 per cento mentre quello degli Stati Uniti è rimasto invariato.
Il rafforzamento dell’economia europea deve avvenire su più dimensioni: riequilibrando
la sua dipendenza dalla domanda estera e valorizzando il mercato unico; rendendola più
competitiva; ponendola all’avanguardia in campo tecnologico ed energetico; mettendola
in grado di provvedere alla propria sicurezza esterna. …
… Le proiezioni demografiche indicano che nei prossimi decenni si ridurrà il numero di
cittadini europei in età da lavoro e aumenterà il numero degli anziani6. Questa dinamica
rischia di avere effetti negativi sulla tenuta dei sistemi pensionistici, sul sistema sanitario,
sulla propensione a intraprendere e a innovare, sulla sostenibilità dei debiti pubblici.
Per contrastare questi effetti, è essenziale rafforzare il capitale umano e aumentare
l’occupazione di giovani e donne, in particolare nei paesi – tra cui l’Italia – dove i divari di
partecipazione al mercato del lavoro per genere ed età sono ancora troppo ampi.
Anche misure che favoriscano un afflusso di lavoratori stranieri regolari costituiscono una risposta razionale sul piano economico, indipendentemente da valutazioni di altra natura. L’ingresso di immigrati regolari andrà gestito in maniera coordinata all’interno dell’Unione, bilanciando le esigenze produttive con gli equilibri sociali e rafforzando l’integrazione dei cittadini stranieri nel sistema di istruzione e nel mercato del lavoro. …
… Anche con più occupazione e più lavoratori stranieri, il contributo del lavoro alla crescita
sarà però contenuto. Solo una maggiore produttività – cioè un incremento del prodotto per ora lavorata – potrà assicurare sviluppo e redditi elevati.
Tuttavia, in Europa la produttività cresce lentamente: negli ultimi due decenni abbiamo accumulato un ritardo di 20 punti percentuali rispetto agli Stati Uniti, principalmente a causa della difficoltà che le imprese europee incontrano nell’utilizzare nuove tecnologie nel processo produttivo.
Secondo studi recenti7, questa debolezza riflette la frammentazione delle attività di ricerca e sviluppo e la scarsa integrazione tra il mondo scientifico e quello delle imprese. L’industria europea è intrappolata in settori a tecnologia intermedia e poco presente in quelli alla frontiera, nonostante l’eccellenza della ricerca condotta nei singoli paesi. …
… Tra le riforme, ho già sottolineato l’importanza di creare una capacità fiscale comune, senza la quale l’attuale governance europea – caratterizzata da una politica monetaria unica e da politiche di bilancio frammentate a livello nazionale – rimane squilibrata.
L’idea che la UEM possa funzionare efficacemente senza una capacità fiscale centralizzata è semplicemente un’illusione, e va superata. Una politica fiscale comune correggerebbe questo squilibrio e rafforzerebbe la coesione tra paesi membri, facilitando la realizzazione di investimenti strategici su larga scala.
Tra le altre riforme necessarie per la competitività dell’economia europea mi limito a ricordare l’allargamento del mercato unico ai settori oggi esclusi, come le telecomunicazioni e l’energia, al fine di stimolare concorrenza ed efficienza;
la realizzazione di un ambiente normativo favorevole all’attività imprenditoriale, che possa
attrarre investimenti privati e incentivare l’innovazione; il potenziamento dei legami tra il mondo accademico e il sistema produttivo, al fine di trasformare i risultati della ricerca in prodotti e servizi competitivi sul mercato globale. …
... Molte delle debolezze strutturali dell’economia europea si ritrovano nell’economia italiana.
Nelle Considerazioni finali dello scorso maggio mi sono soffermato sui problemi strutturali che da un quarto di secolo frenano il nostro sviluppo: dalla bassa crescita all’insoddisfacente andamento degli investimenti, dalla stagnazione della produttività fino alla preoccupante prospettiva demografica.
In quell’occasione non ho mancato di sottolineare i segnali di vitalità emersi negli anni successivi alla pandemia. Investimenti, occupazione e crescita hanno mostrato una ripresa, e le imprese italiane hanno dimostrato una capacità competitiva sui mercati internazionali che non va sottovalutata.
Questi progressi ci consentono di guardare al futuro con fiducia. Senza indulgere in eccessi di ottimismo, dobbiamo partire da essi per costruire uno sviluppo sostenuto, duraturo e inclusivo.
La crescita resta l’obiettivo fondamentale per l’Italia, ma per ottenerla dobbiamo affrontare
con decisione i problemi strutturali irrisolti. Dobbiamo concentrarci sulle finalità essenziali:
rafforzare la concorrenza, potenziare il capitale umano, accrescere la produttività del lavoro,
aumentare l’occupazione di giovani e donne, definire politiche migratorie adeguate. …